La progressione nella pratica nell’Aikido
Nella pratica dell’Aikido esiste una classificazione relativa alla modalità di studio e di apprendimento. Tale classificazione si rifà ad una tassonomia di alcuni elementi che vengono classificati secondo i loro stadi: solido – flessibili – fluido/liquido – gassoso. Come per gli elementi a cui si riferisce questa progressione, essa viene adattata alla pratica dell’Aikido per definire i momenti nei quali il praticante si trova lungo la sua esperienza sulla via.
KO TAI – Lo stadio solido
Rappresenta il primo stadio, quello dove le tecniche vengono studiate in modo preciso e dove gli angoli d’entrata e di movimento, sempre fondamentali, vanno studiati con estrema attenzione. Nello stile Iwama ryu corrisponde alla forma di studio “KI HON” (“step-by-step”). Qui viene testata la capacità del praticante di considerare il proprio corpo, come si comporta di fronte ad un attacco solito ma invariabile. Qual’è la corretta sequenza dei movimenti da compiere per ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Quindi capire, attraverso la pratica, quali sono i movimenti inutili, anche se non dannosi e quelli inutili e pericolosi. Possiamo considerarla una fase di studio dell’ecologia dei movimenti. E’ una fase abbastanza lunga, considerando che uno dei Kuden del fondatore indica che la pratica in forma KI HON dovrebbe essere fatta fino al 3° dan.
JU TAI – Lo stadio flessibile
Esso rappresenta il secondo stadio, nella pratica dell’Aikido viene considerato quello stadio dove la tecnica, nella forma KI HON, viene eseguita in modo flessibile. Si riscontra sempre una linearità dei movimenti e attenzione agli angoli di entrata, ma si contraddistingue per una accennata assenza di rigidità tipiche della prima fase. L’allievo si muove sempre seguendo un preciso schema, ma il corpo già comprende come adattare il movimento affinché si rispettino i parametri ma si ottenga il risultato. Tecnica, efficacia, ordine e struttura iniziano ad unirsi in modo uniforme e personale rispetto alla fisicità del praticante.
RYU TAI – Lo stadio fluente
Il terzo stadio, quello fluente, si può anche suddividere in due sotto stadi: uno fluente (ryu tai appunto) e uno fluido, detto Eki Tai. La distinzione fra i due livelli non è sempre facile da individuare ma la percezione, anche visiva, è chiara. Nello stadio fluente le tecniche sono eseguite senza interruzioni, nonostante si possano ancora intravedere tracce dei due precedenti livelli. Il movimento è fluente ma ancora presenta tracce di “solidità” Nello stadio immediatamente successivo, l’Eki Tai, il movimento fluido aumenta di mobilità diventando liquido. Il praticante ha la capacità di armonizzarsi all’inizio dell’attacco, in un KI NO NAGARE e dinamico, secondo l’immagine dell’acqua. Con questo stato si raggiunge la piena capacità di applicazione dell’ AWASE (“armonizzazione”).
KI TAI – Lo stadio gassoso
E’ il quarto stadio, quello più etereo. Nell’Aikido individua quel praticante che esprime i suoi movimenti con completa libertà e totale naturalezza in perfetta unione sia nella forza fisica che in quella spirituale. In questa fase non solo è possibile raggiungere un’applicazione dell’AWASE ma addirittura la tecnica nasce in modo spontaneo, naturale e senza “premeditazione” (TAKE MUSU). Come l’immagine dell’acqua che diventa vapore, così l’Aikidoka si muove e si adatta alla situazione, agendo secondo necessità.
Considerazioni finali. Stilando questo post mi è sorta una domanda: considerando valida questa progressione, relativamente alla pratica dell’Aikido, è corretto tenere conto della possibile entropia?